Requiem per Corinaldo
Corinaldo, una tragedia evitabile
Venerdì 7 dicembre sono morte sei persone in una discoteca di Corinaldo (AN), schiacciate dalla folla in preda al panico. Sembra che la causa vada ricercata in uno spray urticante spruzzato da qualcuno. Cinque delle vittime erano minorenni, in attesa di uno spettacolo di Sfera Ebbasta, la sesta era la madre di una ragazzina di undici anni, che aveva accompagnato la figlia.
Ho detto a Laura che avevo voglia di scrivere qualcosa su questo argomento sabato mattina, appena appresa la notizia. Mi sono trattenuto per non dare giudizi azzardati, ma a tre giorni dal fatto sento ancora il desiderio di esprimere un’idea, a mente più fredda.
Le regole e chi le deve applicare
Una cosa va detta in chiaro: gli addetti ai lavori sanno bene che le misure di sicurezza per gli eventi di questo genere, in Italia, sono incredibilmente restrittive. L’agibilità di una struttura viene concessa solo in presenza di determinate caratteristiche non banali. Ricordo che nel lontano 1993 un concerto dei miei TNR venne annullato perché nella nuova sala da inaugurare quel giorno i controlli riscontrarono che una porta di sicurezza era un centimetro troppo stretta.
Naturalmente, questo vale a livello teorico. Ho visto con i miei occhi luoghi deputati all’intrattenimento privi di qualsiasi garanzia di sicurezza, a livelli comprensibili anche per un bambino. Penso, in tempi recenti, a una struttura di Napoli nella quale ho trascorso ore pensando che se fosse accaduto qualcosa avremmo fatto la fine dei topi: io, gli artisti che erano con me e il pubblico. Non avremmo avuto scampo. Sarebbe interessante discutere anche delle condizioni igieniche di certi locali definiti “camerini”, ma questo è un altro discorso.
Le regole, dunque, esistono sulla carta, ma andrebbero anche rispettate: c’è chi lo fa, con enormi sforzi (perché il rispetto delle regole costa), c’è chi non lo fa affatto. Nel caso specifico di Corinaldo, le indagini dovranno chiarire eventuali responsabilità.
Erano pronti per l’emergenza?
Detto questo, non riesco a non chiedermi quanto noi italiani siamo preparati ad affrontare emergenze come quella verificatasi alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo. Anni fa, a Parigi, sperimentai di persona una situazione di sovraffollamento e il conseguente totale panico: posso assicurare che non è affatto facile restare calmi. L’istinto di sopravvivenza suggerisce di fuggire, in qualsiasi modo, ma spesso questa non è l’idea migliore.
Sarebbe opportuno che s’iniziasse a educare alla gestione di certe situazioni fin dai livelli scolastici inferiori, ma non mi risulta che esistano programmi obbligatori in questo senso. Per contro, anche la più piccola delle ditte è tenuta a nominare un responsabile della sicurezza. Questi deve per forza partecipare a corsi di formazione su come gestire un incendio piuttosto che un’emergenza idrica. Si dovrebbe fare lo stesso anche con chi si troverà prima o poi a partecipare a eventi di massa, programmati allo stadio o in un locale.
Gli attacchi a Sfera Ebbasta
Non riesco invece a condividere lo sdegno di chi accolla la responsabilità dell’accaduto solo al genere di musica in programmazione, e in particolare a Sfera Ebbasta. Per chiarezza estrema: gli attribuisco un valore artistico pari a zero, ma non posso ignorare il fatto che egli stia riscuotendo un successo imbarazzante tra i più giovani. Un personaggio che riesca a totalizzare più di sessanta milioni di visualizzazioni su YouTube evidentemente parla il linguaggio di un’ampia fascia di persone. Nessuna manovra di marketing può giustificare da sola un riscontro simile.
Il sillogismo di queste ore è il seguente: la pochezza dei contenuti attira persone di scarso livello culturale, che sono spesso problematiche. Quindi, se un idiota entra con uno spray urticante e lo utilizza è colpa della proposta musicale. In tutta onestà, credo che il peso di questo fattore ammonti a pochi punti percentuali – se mai c’è. Se vogliamo aprire una piattaforma di discussione sul fascino dei giovani per il vuoto completo di certi blogger e finti cantanti, ben venga – ma non dimentichiamo che questi “artisti” sono in larga parte il prodotto dello stesso gruppo che li segue.
La scelta delle parole
Non ho mai avuto problemi a portare mio figlio a uno spettacolo. Compirà undici anni in marzo, ma ha assistito al suo primo concerto rock quando ne aveva soltanto otto. Mi sono sempre curato, però, di tenerlo distante da possibili rischi – fossero anche gli ubriachi molesti che popolano i festival estivi. Mai l’ho portato in un locale dove potessero esserci anche lontanamente situazioni di disagio (livello sonoro, aria viziata, etc.). Figuriamoci di sicurezza.
Un fatto rimane ineludibile: a Corinaldo mancano all’appello sei persone, e non è detto che la lista non si allunghi. La causa risiede in un mix di motivi: il rispetto delle norme, la preparazione dei presenti a un’emergenza, il livello di civiltà di chi ha pensato di sparare in aria una sostanza pericolosa (se ciò sarà confermato). Mi urta, però, un passaggio del comunicato pubblicato su Instagram da Sfera Ebbasta poche ore dopo la tragedia. Le parole sono pesate, una per una, e sono comprensibili l’imbarazzo e il dolore di chi si trova coinvolto in una disgrazia simile. Con ogni probabilità, sono parole concordate con l’ufficio stampa, volte a minimizzare i danni dopo un disastro evitabile. Una frase però stona, moltissimo: “Non voglio esprimere giudizi sui responsabili di tutto questo.”
Le parole pesano
Mi spiace per Sfera Ebbasta, ma mi dissocio: dovrebbe esprimere un giudizio, eccome. Si tratta di un nodo culturale e sociale fondamentale, legato al peso delle parole. È assolutamente il caso di dare giudizi netti sull’imbecillità dilagante: quella di chi utilizza spray al peperoncino in una discoteca (il comunicato lo dà per scontato), così come – se sarà dimostrato – quella di chi stacca un numero ridicolo di biglietti dopo che l’evento è già sold out. Questo si chiama “profitto” e ne conosciamo bene le regole.
A me non basta che un artista – o chi per lui – definisca “pericoloso e stupido” l’atteggiamento di chi è responsabile di sei morti innocenti. Sono necessarie parole ben più nette, a costo di alienarsi le simpatie del proprio pubblico, che forse non ha (ancora) la cultura necessaria per capire a fondo certe dinamiche. Il “fare casino” esiste da sempre, comporta dei rischi, e né i Rolling Stones, né gli Who, né i Sex Pistols erano educande. Ricordiamoci di Altamont, di Cincinnati, di troppi altri eventi luttuosi. Quello che si è eroso, semmai, è il senso culturale dell’incontro generato dalla musica, qualsiasi musica.
Follow me filming myself at the show
Qualche giorno fa, un evento ha portato su un palco della mia città uno dei nuovi nomi della scena hip-hop. Ho visto alcuni video: un manipolo di persone, tutte probabilmente al di sotto dei sedici anni, si accalcavano contro una transenna senza ascoltare nulla. Non si ascolta, se il motivo principale per esserci è tenere alto il telefonino per riprendere in video il cantante o, peggio, se stessi al concerto di quel cantante. La nuova frontiera è questa: filmarsi in prima fila a un concerto che non si sarà realmente vissuto. Si potrebbe sostituire il performer di turno con un ologramma, e nessuno se ne accorgerebbe.
Questa dissociazione dalla realtà, che svaluta la realtà stessa, è il vero meccanismo da disinnescare. Sono pessimista: le nuove generazioni – lo vedo ogni giorno – sono fatalmente attratte dal successo effimero di blogger e cantanti dalla voce filtrata, dal look che definisce un’appartenenza che appartenenza non è. Il vostro non è amore, ragazzi: è soltanto un video, quello che vedete. Fatevene una ragione. Il risultato è che una minoranza perde completamente il binario e pensa che sia ganzo sparare peperoncino in aria allo scopo di rubare una catenina al proprio prossimo – perché questa è la verità che sta emergendo nelle ultime ore.
A casa parlano di Sfera
Ci sorprendiamo davvero del macello garantito? Sono complici gli organizzatori, forse, rei di avere staccato un numero esorbitante di biglietti. Lo sono coloro che dovrebbero vigilare sulle strutture e magari non lo fanno a dovere. Sono complici, in misura minore, sedicenti artisti il cui credo si riassume in versi profetici: “Giro l’Italia riempiendo i locali / Mentre questi a casa parlano di Sfera”.
Ahinoi, sì, buon pro ti faccia in termini di like, ragazzo. Ma i piazzali di quei locali si riempiono di morti, a volte, ed è vero che ora tutti parlano di te – spesso a sproposito. Non ti è chiaro il meccanismo? A me sì, e mi duole un po’ che questo articolo, probabilmente, rappresenti un dito che cerca d’indicare la luna. Come da copione, quasi tutti guarderanno il dito ma non l’astro. Di questi tempi, diranno “oh, guarda, MO aka Marco Olivotto sta mostrando il dito medio…” Mi rassegno: a quanto pare, fa fico mostrare il medio. Spero solo che la mia voce flebile possa contribuire almeno in minima parte a far sì che altri morti, per una serata in discoteca, non ci siano: perché quelli di Corinaldo non ce li ridarà nessuno. Io, il dito non lo nascondo. E no, non è il medio.
Matteo
10 Dicembre 2018 @ 18:14
Bellissimo Marco!
Marco Olivotto
10 Dicembre 2018 @ 18:16
Grazie mille, Matteo!
MO