Subsonica / Flavio Ferri: elettronica umana
Lo spartiacque
Piaccia o meno e a prescindere da ogni analisi, l’emergenza causata dal virus Covid-19 verrà ricordata come lo spartiacque della storia recente. Ci saranno un prima e un dopo. Attualmente, alla vigilia di una timida e confusa riapertura, siamo ancora in mezzo a un guado assai fangoso. Personalmente vedo – nella completa tragedia del momento – anche una straordinaria opportunità di riflessione per chi, come gli artisti, si dedica alla creazione di opere. Mi riferisco naturalmente a qualsiasi settore che coinvolga il processo creativo, ma in particolare a quello musicale. Il punto principale è quello sollevato da Nick Cave in un suo post sul blog The Red Hand Files: “Qual è la nostra funzione di artisti? A cosa serviamo?”
Per questo vorrei parlare oggi di un album e di una collana di album, pubblicati recentemente. Sono lavori privi di connessioni dirette, ma che suonano misteriosamente simili nelle intenzioni. Mi riferisco a Mentale Strumentale, l’album che i Subsonica hanno letteralmente estratto dal cappello suscitando non poca sorpresa nel loro seguito e non solo; e a Fast Forward, la collana di cinque album (per ora) pubblicata da Flavio Ferri, che assieme a Carlo Bertotti e Marti Albertini forma il nucleo propulsore che dà vita ai Delta V.
Subsonica – Mentale Strumentale
La storia di Mentale Strumentale è affascinante e curiosa. È un disco strumentale concepito e realizzato nel 2004 e mai pubblicato da Mescal, etichetta alla quale i Subsonica erano all’epoca legati. Il gruppo lo registrò per onorare il contratto che prevedeva la pubblicazione di due ulteriori album, ma Mescal non ritenne opportuno procedere. I brani rimasero nel cassetto per riemergere a distanza di ben sedici anni. Sulla carta, il dubbio che il materiale possa suonare datato e distante dal nostro tempo è lecito. In realtà l’album è sorprendente proprio per la sua atemporalità, un fatto sottolineato dai molti critici che ne hanno scritto in termini entusiastici.
Mentale Strumentale è un album spiazzante per chi segue i Subsonica, e proprio per questo è coraggioso. Ascoltare i brani strumentali di un gruppo in cui i testi e la voce sono sempre stati elementi distintivi e trainanti è un’esperienza non necessariamente gradita agli affezionati. Il ruolo di Samuel, in questo lavoro, si limita ad alcune vocalizzazioni. La musica è difficile da inquadrare all’interno di un genere preciso: certamente elettronica alla base, ma pronta ad aprirsi a suggestioni ambient (nel senso più nobile del termine, le cui radici affondano nella mente di tale Brian Eno), oppure a richiudersi su se stessa in momenti acustici di struggente umanità.
Definirei questa musica “elettronica umana” proprio per questo, e per mancanza di altri termini. Certamente il viaggio che si intraprende entrando nel panorama sonoro dell’album riguarda più il tempo che lo spazio, e si tratta comunque del tempo e dello spazio interiori dell’ascoltatore. Si giunge al paradosso che brani risalenti a tre lustri fa riescono nell’impresa assai ardua di descrivere il presente meglio che se fossero stati scritti oggi. Claudio Cabona ha avuto una notevole intuizione definendo Mentale Strumentale “L’Interstellar dei Subsonica” su Rockol.it. Personalmente reputo che il film di Christopher Nolan sia uno dei massimi capolavori della cinematografia degli ultimi vent’anni, forse non compreso a fondo dal pubblico proprio nel passaggio più cruciale: gli effetti speciali attraggono – ahimè – più della sostanza. Ma quel viaggio in un tempo deformato dalla materia (dalla realtà) assomiglia molto a quello che in questi giorni esperiamo nel momento in cui ci chiediamo che giorno sia, dove ci troviamo, con quale funzione, che ne sarà di noi e di ciò che siamo stati. Mentale Strumentale è la perfetta colonna sonora di questo tempo, da tenere in primo piano e non in sottofondo, ché di parole ne abbiamo sentite anche troppe.
Per chi abbia seguito l’evoluzione stilistica del gruppo, Mentale Strumentale rappresenta anche un’imperdibile occasione per comprendere la matrice di alcune delle suggestioni sonore presenti nel repertorio dei Subsonica. Non si tratta di un ascolto semplice, richiede tempo: ma proprio ora, che di tempo ne abbiamo anche troppo, vale la pena di intraprendere il viaggio.
Esiste anche un lato visuale del progetto, affidato alla stratosferica contaminazione di linguaggi dell’arte di Marino Capitanio, un nome che già conta collaborazioni con il gruppo e che abbiamo visto all’opera nei vari progetti dei Deproducers. Il primo capitolo dei visual, legato al brano di apertura Decollo (Voce Off) è visibile qui.
Un messaggio importante, infine: le royalties dell’album sostengono la Fondazione Caterina Farassino, impegnata con il progetto “Respira Torino” in supporto agli ospedali di Torino e Asti, al fine di fornire dispositivi per l’emergenza sanitaria. A sottolineare che la musica, in apparenza così astratta, può ancora incidere a fondo nella realtà. Di questi tempi, scusate se è poco. Grazie ai Subsonica per questo gesto di civiltà.
Flavio Ferri – Fast Forward
Due frecce che puntano verso destra: da sempre il simbolo della funzione “avanti veloce”. Ci sono momenti in cui la vita obbliga a correre in avanti, anche se la sensazione è di stasi. La notte in cui scrissi il penultimo articolo su questo blog, il Governo italiano annunciò il primo lockdown: una parola presa in prestito per dire, in sostanza, che tutto si doveva fermare. Siamo ancora fermi, due mesi più tardi.
Come sempre, però, è questione di punti di vista. Nelle ultime settimane ho visto persone fuggire a gambe levate senza spostarsi di un centimetro dalla loro posizione, perché a volte la corsa avviene solo nella mente. Ne ho viste altre non spostarsi di un centimetro dalla loro posizione perché erano già lontane da tutto. La realtà non è tanto lineare quanto vorremmo.
Flavio Ferri, invece di fermarsi, ha accelerato. Il 13 marzo mi scrive su WhatsApp che ha deciso di pubblicare dei brani strumentali in digitale, chiedendomi se sarei disposto ad aiutarlo. Certo che sì. Mi chiama nel pomeriggio e scopro che non sono “dei brani” ma ben cinque album completi, da pubblicare con cadenza giornaliera in meno di una settimana.
Come mai?, gli chiedo. Vengo così a sapere che Flavio, isolato a casa come il resto del mondo, si è reso conto che a partire da gennaio 2019, nell’arco di un anno, ha prodotto una grande quantità di musica che sta lì in attesa di qualcosa. Il qualcosa è arrivato, senza preavviso. Mi comunica che non gli piace l’idea di collegare queste pubblicazioni direttamente al Coronavirus, e ha ragione: ma senza lo stop forzato impostoci dal destino questi album non sarebbero probabilmente mai comparsi. Perlomeno, non in questa forma.
I brani arrivano lunedì 16 marzo, assieme a una cartella di fotografie di ogni genere, per l’artwork, e una serie di titoli. Mentre ascolto il primo volume, intitolato “The Blue Sunsets of Mars”, tra le fotografie ne trovo una ritrae un segnale semaforico di “avanti”. “Forward”, penso. Così concepisco il titolo della collana, che mi pare riflettere il momento: la pandemia ci ha scagliati in un acceleratore della storia senza precedenti. La situazione si evolve attorno a noi in maniera imprevedibile e a velocità impressionante. La musica che sto ascoltando suggerisce la stessa cosa. Fil rouge: trovato.
Contatto David Bonato di VRec Music Label perorando la causa dei cinque album, e non ci metto molto a convincerlo. Nel giro di pochi giorni tutti i titoli vengono pubblicati in digitale, e sono disponibili partendo da qui.
Sono album diversi e tuttavia omogenei tra loro, e la chiave migliore di lettura si raggiunge ascoltando i quaranta e oltre brani come un lavoro unico, più che come capitoli staccati.
“The Blue Sunsets of Mars” contiene musica strumentale in grado di evocare suggestioni potenti, sospesa tra ambient, elettronica e sperimentazione. «Parla di Marte, e descrive la sensazione di essere là in fondo, un po’ perso», afferma Flavio. Come noi, azzardo a chiedere?
Il titolo del secondo volume è “Wandering through the Electrocities”: un diario di viaggio che mescola elettronica e suggestioni etniche, suoni e rumori sorprendentemente armonici. Un puzzle frammentato di istantanee di un mondo inestricabilmente connesso. Un viaggio in un presente in cui viaggiare è impossibile, paradossalmente a causa della profonda connessione che ci unisce. «Una collezione di ricordi, in giro, per strada.»
«Il terzo è pianoforte.» In The Piano Sessions, regnano gli ottantotto tasti dello strumento cardine attorno a cui ruota il lavoro. Suggestioni ambient, schizzi notturni, pagine di diario archiviate e riscoperte. Sopra il suono dell’avorio, campioni si guardano intorno in una solitudine straniante. La nostra.
«The Weight è il peso del mondo che ci portiamo dietro. L’album contiene anche l’unico brano cantato di tutta la serie.» Nel quarto volume il pianoforte e le atmosfere nebbiose si diradano, rivelando un’anima grunge. Bassi sferraglianti, chitarre grattugiate, staffilate di elettronica. E una voce: “Carrying the Weight (A Love Song)” è la canzone che Tom Waits non ha mai scritto, in mezzo a un repertorio che è omaggio inconscio e affettuoso all’enorme lavoro di Brian Eno.
Il quinto volume, Facts, chiude la serie mostrando il lato più sperimentale dell’artista. Elettronica, musica concreta, sprazzi di aperture progressive, manipolazioni: la tensione non si allenta e l’introspezione procede sempre. L’astronave partita dai tramonti blu di Marte torna alla base dopo un’orbita che si svela soltato alla fine del viaggio. «”Facts” è una collezione di fatti, affermazioni vere – chiosa Ferri – Ne abbiamo bisogno, in tempo di fake news che si diffondono più rapidamente di un virus.»
In conclusione
Amo le apparenti coincidenze, i parallelismi. Più o meno nello stesso istante, una band e un musicista che hanno lasciato un chiaro segno nella musica italiana più interessante degli ultimi decenni sembrano avere la stessa idea: aprire un cassetto ed estrarne brani che per qualche ragione non hanno ancora trovato una via d’uscita. I primi a Torino, il secondo a Barcellona – ma, attenzione, con le sue radici sempre a Milano: le capitali delle due regioni italiane più colpite in assoluto dallo tsunami Covid-19.
In entrambi i casi ci troviamo immersi in una musica immaginifica, che insiste sul concetto di tempo – forse il più frantumato di tutti nel tritacarne che stiamo attraversando. Un tempo a volte vertiginoso, a volte immobile, comunque assurdamente sospeso in spregio a ogni teoria della relatività. Musica da deep-listening notturno, adatta a quella che Lorenzo Del Pero ha definito con geniale espressione “notte clausura”.
Tutto questo senza il primario desiderio di apparire, senza dirette live sui social, #ehisiamoqui #andràtuttobene, con la sola intenzione di dare continuità alla propria arte. In un momento che, in quanto spartiacque, ci forza a riflettere sul passato in attesa di un futuro che non riusciamo a prevedere. Aggiungerei, con una certa disarmante ingenuità – che il 25 aprile scorso porta Max Casacci a scrivere su Facebook: “E niente raga, dopo aver visto “Mentale/Strumentale” primo in classifica (i-Tunes e Amazon download), sono pronto per tutto.” Come dire – sta attirando l’attenzione ciò che sembrava meno adatto a farlo. Ma è davvero così sorprendente?
Di Flavio sappiamo che ha concluso un altro album, stavolta composto ex-novo, pensato esplicitamente per la tecnologia 8D audio – uno dei pochissimi lavori originali in quest’ambito. Sta lavorando a un ulteriore e distinto progetto che, guarda i casi della vita, coinvolge qualcuno assai vicino al mondo dei Subsonica.
Chiosando Edoardo Bennato, “sono solo coincidenze”. E se l’ironia di questa frase non è del tutto chiara, sappiate che è presente e deliberata.