Riccardo Sinigallia dritto al Cuore
Pre-istoria
Il mio primo incontro con Riccardo Sinigallia risale all’11 giugno 2016. Io e Gianni Maroccolo avevamo visto solo autostrade per otto ore filate, da L’Aquila a Garlasco, e mi aspettavano almeno altre tre ore di guida per andare a trovare mio figlio in Friuli. I Deproducers erano in studio di registrazione, al lavoro su “Botanica”, e Gianni li stava raggiungendo. M’invitò a fermarmi a cena.
Quella sera conobbi gli altri tre quarti del collettivo: Vittorio Cosma, Max Casacci e Riccardo, appunto. Da fumatori impenitenti, io e lui a un certo punto ci ritrovammo per caso in giardino per dare soddisfazione ai nostri polmoni, e scambiammo qualche parola.
Rividi tutti a settembre: prima a Sansepolcro, durante le prove di “Botanica”, poi a Milano, dove lo spettacolo venne rappresentato per la prima volta al Teatro dal Verme, il giorno 17.
Conoscevo il lavoro di Riccardo, ma non in maniera approfondita. Quella sera a Milano lo vidi sul palco per la prima volta, e fu una rivelazione. Ebbi la sensazione (no, la certezza) che si fondesse totalmente con la musica che eseguiva. Fu più che abbastanza per convincermi a esplorare a fondo la sua produzione da solista.
Una fotografia. Sbagliata?
Alcune fotografie causano un certo dispiacere a chi le scatta, perché sarebbero magnifiche, se non fossero sbagliate. Una in particolare, realizzata da me a Bassano del Grappa nel mese di settembre 2017 durante una serata dei Deproducers.
Purtroppo, è mossa. Non è facile fotografare uno spettacolo come “Botanica”, perché in media c’è pochissima luce sul palco. La combinazione tra teleobiettivo e tempi di esposizione lunghi è letale, in certi casi. Nonostante questo, decisi d’inserire la fotografia nella selezione finale, perché la trovavo molto vicina alla mia visione di Riccardo come artista. Oggi mi pare ancora più vicina.
Un nuovo album?
Qualche mese fa, mi fece sapere che era al lavoro su un nuovo album. Gli risposi che lo avrei atteso con trepidazione: quattro anni dopo “Per tutti” e dodici anni dopo “Incontri a metà strada”, unici due lavori reperibili sul mercato dopo che l’album di esordio “Riccardo Sinigallia” era andato fuori catalogo.
La mia trepidazione era vagamente anomala: Riccardo si situa a metà tra il cantautorato e la musica pop, e in generale non sono particolarmente affezionato a nessuna delle due scene. Allo stesso tempo, le sue canzoni hanno qualcosa che è difficile definire: ad esempio, una cura certosina negli arrangiamenti e nella scelta delle sonorità, che spesso risultano sorprendentemente sporche pur rivelando un’intenzione nitidissima. Oppure i testi, introspettivi e scavati da una penna usata con evidente facilità ma anche con sofferenza.
Brani come Finora, Una rigenerazione, Franchino, Una canzone per Fede, Anni di pace, E invece io – per citarne alcuni – ispirano un pensiero che sfiora il paradosso: sono schiaffi profondi e allo stesso tempo delicati, per chi voglia ascoltarli davvero. Di un brano, in particolare, non sono in grado di dire nulla. Non posso né voglio parlarne, perché mi tocca troppo da vicino. Si trova in penultima posizione in “Incontri a metà strada”.
Attendevo dunque, curioso di scoprire dove sarebbe andato a parare un artista particolarissimo, ormai affermato ma scoperto fino in fondo da me solo di recente.
Dieci giorni prima del cuore
Lo scorso 4 settembre mi precipitai a Milano, convocato all’ultimo minuto dai Deproducers. Due di loro, a dire il vero: Vittorio e Riccardo. Volevano parlarmi della gestione dei loro account social, dei quali mi chiedevano di occuparmi. Arrivai a metà pomeriggio e m’informarono che Riccardo ci avrebbe raggiunti a breve. Apparve dopo un po’, con una borsa dalla quale estrasse il vinile del nuovo album, in uscita il 14 settembre. “Ciao Cuore” il titolo, nove i brani in scaletta.
Lo presi in mano non senza emozione e non osai chiedergli di averne una copia in anteprima. Avevo già ascoltato il singolo, omonimo dell’album: bellissima canzone, stranamente solare rispetto alla media della produzione precedente – ma un solo brano non mi era bastato.
Ciò che io so e tu dovrai
Il 14 settembre, proprio mentre io e Laura iniziavamo a parlare seriamente di moonmusic, acquistai l’album su iTunes con l’intenzione di ascoltarlo integralmente in sottofondo mentre lavoravo a un progetto.
So delle cose che so
e non ti posso spiegare
perché non esistono
tutte le parole
esistono solo il tempo e la distanza
tra ciò che io so e tu dovrai.
Furono i primi versi che ascoltai. Mi assalirono, non senza una strana dolcezza, e mi convinsero a lasciar perdere ciò che stavo facendo e concentrarmi sui trentacinque minuti di musica che compongono il lavoro.
Ora, ecco, dovrei scriverne, ma non è facile parlare di un diamante con tante sfaccettature, che cambia ogni volta che lo si ruota di mezzo grado. Perché, per fare un esempio, sembra semplice scrivere una canzone d’amore pop come Niente mi fa come mi fai tu, no? Tre accordi, una melodia orecchiabile, un testo cristallino. E che ci vuole, in fondo? Ecco, no: non è semplice scriverla, né scriverne.
Di viaggi notturni
«Giorgio Canali mi diceva che scrivere una canzone d’amore è un gesto politico.»
«Sono totalmente d’accordo. È assolutamente un gesto politico.»
Così conversavamo, io e Riccardo, sfrecciando in auto verso Milano in una notte autunnale. Nel pomeriggio aveva rilasciato una videointervista a me e Laura. Lo avevamo fatto sedere vicino a coloratissimi fiori viola, le domande scritte su un foglio in autostrada, diretti a Garlasco per spiare da dietro le quinte i Deproducers intenti a realizzare il nuovo progetto.
Temo che la mia analisi brano per brano del nuovo album lascerebbe il tempo che trova. Preferisco che ascoltiate le parole di quel pomeriggio.
Che male c’è?
Uso il titolo del brano dedicato a Federico Aldrovandi per rispondere a chi vorrebbe considerare l’ultimo lavoro di Riccardo Sinigallia come un semplice disco pop. E se anche fosse: che male ci sarebbe? Il punto è che le cose non stanno così. Spero che l’autore mi perdonerà la degenerazione del post in un cut-up di frasi che emergono come isole dai suoi brani: ma voglio sostenere che non di pop si tratta, perlomeno non nel senso più banale del termine.
I dubbi della maggior parte, le minime virtù. Ho visto così bene da non poterne più. Un’altra intelligenza fatta di luoghi comuni. Nessuno l’avrebbe detto, e invece eccoci. Pulivi casa e ridevi, ci svegliavi e ridevi e di notte piangevi. Chi dice niente paura e intende niente coraggio. Non escono da sole parole importantissime. Come adesso la mia inadeguatezza. Come fa paura a te che telefoni in centrale. Ora che è quasi finita non potrà mai più finire.
Ora che è quasi finita
non potrà mai più finire.
Non è semplice pop: questi sono esattamente i pensieri di tutti noi – nessuno si senta escluso – che ci attraversano in autobus, in sala d’attesa, fuori da una scuola, fermi in colonna impazienti di rientrare a casa. Sono i pensieri del presente che significano la stessa cosa e una cosa diversa per ciascuno. Sono la voce dello Zeitgeist, lo spirito del tempo che ci ammorba e attraversa e trafigge e consola. Solo il cielo sa quanto abbiamo bisogno che qualcuno ci spari in faccia lo Zeitgeist che abbiamo avuto in sorte.
La magia di “Ciao Cuore” è il dovuto effetto di una sola causa: una sensibilità straniante e talvolta tesa al limite che diventa note-con-parole, rivestite con capacità e intuito musicali rari da trovare nel panorama italiano attuale. Da questo punto di vista, Riccardo Sinigallia è uno degli artisti più sottovalutati del nostro tempo, ma si sa che la coerenza ha un prezzo – e forse è meglio così. La sua musica è trasversale, obliqua: da ascoltare senza pre-giudizi che mai si addicono all’arte. Anche solo per questo, a prescindere dai gusti e dal genere, considero “Ciao Cuore” un album necessario.
Un ago nella pelle
A un certo punto divenne chiaro che Laura si sarebbe trasferita qui. Decidemmo assieme che l’evento avrebbe meritato un segno indelebile, come un tatuaggio. L’idea era quella di utilizzare una frase che avesse senso soltanto quando io e lei fossimo stati accanto: metà frase su ciascun corpo, in pratica. Più vincolante di un matrimonio cattolico, a ben guardare.
Per un po’ avevamo brancolato nel buio, ma dopo avere ascoltato l’album di Riccardo avevo lanciato una proposta. Da quel momento in avanti, non c’erano più stati dubbi: l’album conteneva non una frase, ma La Frase che riassumeva tutto il nostro presente. Venerdì 12 ottobre andammo a trovare Sara Zanoni, che dell’arte di disegnare sulla pelle altrui ha fatto una professione. Nel giro di un’ora la frase era lì. Non tutti gli aghi nelle braccia fanno necessariamente male, aggiungerei.
La fotografia dell’opera incancellabile partì via etere dall’auto, sulla via del ritorno a casa nostra. Riccardo rispose su WhatsApp dopo pochi minuti: emozionato, commosso. Non gli avevamo detto nulla, semplicemente si trovò davanti le sue parole, scritte su di noi. Così, incontrarci di nuovo a Garlasco cinque giorni più tardi divenne anche un momento di condivisione di qualcosa di molto personale: per tutti e tre.
Resta una foto, di quel momento, irripetibile, imperdonabile come ogni gesto significativo.
Commiato
Di Riccardo ricordo un sorriso sfociato in risata. Lo avevo accompagnato in auto dall’hotel alla location di “Botanica” a Rovereto, nel 2017. A fine serata, salutandomi, mi ringraziò, e io risposi che era in debito: quando fossi andato a Roma, mi avrebbe dato lui un passaggio in auto. Certo, fa ridere: guidare a Roma è una dannazione per qualsiasi essere umano, non è mica una cittadina di provincia come la mia, odiata e amata. Quella risata era un modo per dire – chiedimi qualsiasi cosa, ma non questo.
Rilancio, Riccardo: la prossima volta che passerai di qui, o quando capiterà, sarà di nuovo il mio turno. O il tuo, che ne so.
Ciao cuore,
vieni a riprendermi
e come stai bene stasera:
nessuno l’avrebbe detto
e invece eccoci
a un incrocio qui davanti.
Addio cuore,
che aspettiamo l’estate
e l’estate è già qui.
Torneranno i mostri per cercarci
e balleremo insieme.
Grazie di tutto amico mio.
Stefano Camozzi
1 Novembre 2018 @ 21:55
Grande e prezioso lavoro! Carissimi amici di Moonmusic avanti così!
Marco Olivotto
1 Novembre 2018 @ 21:57
Grazie Stefano… è un sito neonato, ancora piccolo: cerchiamo di farlo andare avanti meglio che possiamo, anche se richiede tempo. D’altronde, ogni cosa che si ama lo richiede, direi.
Un saluto, a presto!
MO