Massimo Zamboni e le anime galleggianti del Ribalta
Siamo nel Modenese, al Circolo Arci Ribalta. Massimo Zamboni presenta il suo “Anime galleggianti”, edito da La nave di Teseo nel 2016 e scritto a quattro mani con Vasco Brondi, ormai ex front-man de Le Luci della centrale elettrica. Non l’ultimo libro, dunque, ma il penultimo prima di “Nessuna voce dentro – Un’estate a Berlino Ovest”, pubblicato lo scorso anno.
A Vignola è un bel tardo pomeriggio di ottobre, l’aria è tiepida, il sole scende placido poggiandosi alla linea perfettamente piatta dell’orizzonte. Non ci sono mai stata prima, inutile sottolinearlo, ma soprattutto non sono mai stata in un qualcosa che somigliasse anche solo pallidamente a ciò che è il Ribalta: un circolo Arci ricavato da un ex lavatoio di proprietà del comune, gestito da instancabili volontari seminatori di Bellezza: Stefano e Gianni in primis e altri amici. Per questo ci piace. Quando arriviamo ci sono ancora i tavolini all’aperto, e tutti mi salutano e mi accolgono come se mi conoscessero da sempre – ah, gli Emiliani. Mentre aspettiamo l’arrivo di Massimo per fare due parole ne approfittiamo per berci una birra, e Marco mi racconta di quella volta con Maroccolo, di quella volta con Giulio Casale, di quella volta con.
Per chi non lo avesse ancora letto, “Anime galleggianti” è il racconto di una navigazione: Massimo e Vasco – seguiti soltanto dal fotografo Piergiorgio Casotti, percorrono le acque del Tartaro, uno dei canali della zona del Polesine, spostandosi “dalla pianura al mare, passando per i campi”.
Questa storia galleggia in un tema incantato: il viaggio sulla zattera. Infantile sogno da ragazzini che tutti hanno fantasticato poi abbandonato. […] Scenderemo il Tartaro. Perché? Già: perché? Mi verrebbe da rispondere come fanno i ragazzini. Perché sì.
In un’ora di reading frammisto a canzoni – sue ma anche cover (e “La realtà non esiste” di Claudio Rocchi sopra tutte merita una menzione) – Zamboni ci porta con sé nelle magiche acque del canale, tra incontri con pescatori, immigrati rumeni, cinesi, cigni, reti da pesca incastrate nelle eliche, anguille arrostite e liquori appenninici, in un posto in cui “pensi che non possa succedere mai niente” e invece “succede sempre qualcosa”.
Anche al Ribalta, in realtà, le sorprese non mancano: credevamo di fare gli spettatori e starcene buoni buoni in prima fila a scattare foto, e invece. Mi ritrovo senza metà di Luna ancor prima di cominciare, ché Marco introdurrà la serata e darà il via all’evento, e io ogni volta che devo star sola mentre lavoro ho un principio di orticaria e stati d’agitazione– avrebbe detto qualcuno.
Mi ricordo che sono in Emilia (e che quindi devo stare serena) solo quando lasciamo la sala dopo un lungo applauso – e qualchebiiiis! – e sento profumo di crescentine calde provenire dal bar, mentre Massimo saluta il pubblico con una tra le più calde versioni acustiche – solo voce e chitarra – di “Trafitto”, con un’inedita variante: “Tifiamo Rivolta, Tifiamo Ribalta.”
Alla prossima, Emiliamia. Alla prossima, seminatori di Bellezza.